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martedì 16 ottobre 2018

Lezioni di tenebra

 

 

 

Lezioni di tenebra
by Helena Janeczek

 

 

Riassunto

 

Elena parla della madre Nina, pentita per essersene andata di casa la notte prima della deportazione cinquant’anni prima, nel 1947.

Nonni e zii e i genitori e il fratello Jerzy erano stati portati via il 27 agosto 43, lei era fuggita la notte tra il 25 e il 26 agosto del 43.  Nina aveva quasi 20 anni quando fuggi dal ghetto di Zawiercie in Polonia.

Da quel ghetto arrivarono ad Auschwitz circa 1500 ebrei, dopo la selezione furono internati nel campo 387 uomini e 418 donne, le circa settecento persone rimanenti furono uccise nelle camere a gas.


Helena era nata quando sua madre aveva 40 anni.
Nina è un’esteta, fissata sulla linea, sulla moda, sul mangiare e rasenta l’anoressia.
Helena invece è rotonda, quasi bulimica a causa della sua fame vorace.

Nina ha cominciato a lavorare quando il marito per motivi di salute ha dovuto smettere di fare il dottore.
Nina è stata assunta in un negozio di moda a Monaco ma poi ha aperto il suo di scarpe. Ha sempre finto di essere italiana, lei nata in Polonia nel 1923.
Finse finché nel 1970 lei e il marito non testimoniarono contro una guardia SS.

Helena ha vissuto con i genitori in Germania, avevano il passaporto tedesco ma la madre le ha imposto di non sentirsi mai tedesca, ne di mischiarsi con i tedeschi, crescendola in una specie di isolamento.

Helena va in Italia ma non cambia il passaporto preferendo quello tedesco a quello italiano, considerato meno importante quindi ha bisogno di un permesso di soggiorno. Il primo l’ha fatto 13 anni fa per potersi iscrivere all’università, poi 8 anni fa per potersi sposare.

Helena descrive la lunga trafila della burocrazia per avere un passaporto, per andare a Varsavia con la madre.

Nina si era rifugiata dalla sua amica Nelly, figlia di un collega del padre di Nina che l’aveva aiuta a colorasi i capelli di biondo.
Nina sfugge per settimane finché non è costretta a tornare nel ghetto.
Nina conosce padre Helena nel ghetto, ha 5 anni di più de era comparso nel giornale per essere un ottimo studente.

Scappano insieme dal ghetto.
La madre viene a sapere che il padre non era stato mandato al campo, ma lavorando prima in una cristalleria era stato richiamato e nascosto li affinché potesse continuare a lavorarci. Un uomo glielo dice organizzando un appuntamento con il padre ma quando Nina va all'incontro troverò ad aspettarla solo la Gestapo.

Helena ci parla della madre, ci dice che più che educarla tendeva ad addestrarla, molto duramente, urlando ma mai mettendo le mani addosso. Ha sempre criticato tutto, dai vestiti, alla dieta, alla gestione della cucina e al modo in cui si comporta con gli altri. Nonostante tutto Helena la considera sempre la sua mamma.

Helena ci racconta che la madre è sempre sospettosa, vede inganni dove non ci sono, accusa persone di cose senza neanche troppe prove. Nina spesso gestisce le conversazioni come un terzo grado e fa domande a trabocchetto. Non si era neanche fidata di quel ragazzo che aveva organizzato il viaggio in Polonia, raggruppando sopravvissuti e parenti di chi era stato preso cinquant’anni prima. Tutti i suoi sospetti poi si rivelano infondati, è un bravo ragazzo.

Il padre di Helena per non essere catturato cambiò nome e cognome e anche data di nascita e questo Helena viene a saperlo solo nel momento della composizione della sua lapide. Anche la madre porta un nome e un cognome falso.
Nina ha parlato alla figlia solo in tedesco, il polacco e l'yiddish non si parlava mai a casa.
Helena sa anche l’italiano ovviamente.

In casa hanno sempre parlato tedesco inoltre parlavano italiano quando andavano in vacanza in Italia. Helena ha imparato dei suoi genitori a non comportarsi come ebrea, a sembrare di fronte agli altri una tedesca.

Durante il viaggio in Polonia la madre racconta ad Helena di quando dopo essere stata presa l’avevano scambiata per un’altra persona, tenendola per alcuni mesi a fare la governante nelle prigioni della Gestapo. Solo quando è venuto fuori lo scambio è stata mandata da Auschwitz. 
Helena descrive la madre come una donna sempre in movimento sia con la mente che con il corpo, pronta a mettersi alla prova è sempre pronta a giudicare ogni minimo errore la figlia

La madre di Helena ha molte paure, paura di ammalarsi, paura della vecchiaia, teme i tradimenti e i complotti di tutti quelli che la circondano, è ansiosa e non riesce a rilassarsi e teme sempre il peggio.

Nell’estate del 44 Ninè stata portata nel campo di Auschwitz. L’hanno assegnata al deposito degli oggetti rubati ai prigionieri e ai morti. Nina ha incontrato la sua amica Nadia che le ha insegnato come meglio comportarsi per sopravvivere. Nina e Nadia poi sono state portate in un campo in Cecoslovacchia dove sono state liberati dai russi.

Helena ci dice che i suoi genitori non gli hanno mai raccontato di quello che era successo loro nei campi durante la sua infanzia né mai. La madre ha cominciato a raccontarle le sue vicende al campo solo durante quel viaggio in Polonia. Nonostante tutto Helena è vissuta con alcune paure, come quella di essere perseguitata da oscure figure, come se la madre l’avesse trasmesso la paura in se. Crescendo poi Helena ha avuto paura anche della madre che prima la consolava ma che poi ha cominciato a criticarla, paura dei suoi giudizi e dei suoi urli, paura di non essere all’altezza delle sue aspettative. Altre paure di Helena sono state quelle di sciare e tuttora quella di guidare. Temendo infatti il peggio preferisce non fare.

I genitori di Helena l’hanno sempre tenuto all’oscuro della sua origine ebrea cosicché una volta da piccola una donna che aveva capito che era ebrea le aveva chiesto se conosceva la canzone del bambino passato attraverso il camino, che lei non conosceva. Helena non dice niente ai genitori ma ha poi compreso il significato di quella canzone cantata anche dallo studente che poi era diventato suo marito. Dopo i suoi 13 anni i genitori hanno cominciato a riallacciarsi alla comunità ebraica mandando la figlia in oratorio per farle conoscere i giovani della sua stessa religione. Helena ci dice però che questi erano molto chiusi, una comunità stretta e inaccessibile a lei che era considerata un’estranea. Helena ha trovato amiche a scuola quindi fra le tedesche, i figli degli ebrei non riuscivano ad accettarla ma lei non se ne dispiaceva.

Helena si ricorda di tre professoresse del liceo, al ginnasio. Non era brava ma andava d’accordo con i professori più che con i compagni e soprattutto con le professoresse di religione e quella di etica. Si ricorda bene quella d’arte che sembrava disprezzarla ma poi un'amica di Helena le disse che era ebrea anche lei e sapendo che Helena era ebrea era rimasta piuttosto sulle sue. Quella professoressa poi si suicidò.

Il padre di Helena ha avuto il primo infarto a quarant’anni poi il secondo fatale a 66 (12 anni fa). Helena non ha mai saputo la storia del padre ai campi però nel corso degli anni l'ha visto cambiare, prima quando era piccola le raccontava anche storie di fantasia poi è caduto in una silente depressione, era sempre la madre a condurre la famiglia e a prendere le decisioni.

Per puro caso il giorno del loro arrivo a Varsavia era l’anniversario della deportazione della famiglia della madre di Helena, 50 anni prima. 
La prima tappa è Varsavia, visitano il cimitero, la fermata del treno da cui partivano i carichi di deportati e assistono la sera ad un concerto di Chopin, dove le varie famiglie ebree si osservano, valutano la ricchezza le une delle altre e l’importanza dovuta alla nazionalità, non tutti gli ebrei sono ritenuti uguali, dipende dal paese di origine.

Dopo Varsavia si va a Cracovia, di giorno un giro turistico per visitare il castello, la Chiesa e altri luoghi e la sera una cena organizzata con vari canti polacchi al fine di alleviare gli animi in vista del giorno successivo.
Il giorno dopo si parte infatti per Auschwitz, sul pullman si ricorda a tutti dove si sta andando e si chiede se tutti sono certi di volerci ancora andare, si chiede qualcuno ha bisogno di un tranquillante.

Il primo edificio di Auschwitz era una caserma diventata campo di prigionia e poi diventato un museo, ci sono le fotografie dei prigionieri con le date di nascita e di morte.
Il secondo edificio è quello che mostra come dormivano i prigionieri, in letti a castello. 
Poi c’era anche un modello fatto solo da una tavola di legno, usato ad Auschwitz Birkenau 
Nel terzo edificio ci sono montagne di oggetti: le valigie, le scarpe, i capelli, le creme, gli spazzolini da denti.

La madre di Helena ha una piccola crisi di pianto quando vede i grani del gas utilizzato per sterminare gli ebrei. Ripenso a sua madre morta a causa di quel gas e scoppia in lacrime.

C’è anche la ricostruzione di Auschwitz Birkenau, un modello che mostra il campo.
Poi vanno a visitare le camere a gas, in cui ognuno accende un lumino e fa una preghiera. Lo stesso rituale commemorativo viene fatto nei pressi del muro davanti al quale venivano fucilati i prigionieri. Risaliti sul pullman si va ad Auschwitz II Birkenau, distante solo un quarto d’ora. Non tutti hanno la forza di esplorarlo, si va a vedere quello che rimane dei forni crematori e anche lì si accendono lumini e si prega insieme.

La madre racconta ad Helena come era stata inizialmente messa in quarantena ma poi grazie alla sua amica Nadia e ad un certo Dottor Martini era stata riassegnata al Kanada, il deposito dove ci si occupava degli oggetti rubati ai prigionieri e ai morti. Nina rubava vestiti e una volta era stata scoperta dalla guardia che invece di ucciderla aveva rasato a zero lei e tutte le ragazze del suo gruppo.

La tappa successiva è Katowice per poi passare a Zaglembie attraversando il confine invisibile fra la Polonia polacca e la Slesia tedesca. Ognuno vuole ritrovare i luoghi cari che frequentava da giovane. Ci sono delle lapidi vicino a due palazzi che un tempo funsero da lager. C’è anche una commemorazione con il sindaco in persona venuto per loro in visita. La madre di Helena incontra una sua conoscente, i genitori di questa l’avevano accolto appena uscita dal lager.

La madre racconta di quando lei e Nadia erano state mandate via dal Kanada e riassegnate, in virtù delle loro mani adatte, alla sezione che si occupava di rimontare parti elettroniche.

Poi si va a Bendzin a visitare il liceo dove sono accolti dagli studenti e dal preside. Poi arriva anche il cardinale Listiger, arcivescovo di Parigi, originario di Bendzin. Di pomeriggio il cardinale celebra una cerimonia all’aperto per commemorare le vittime del rogo della sinagoga, una messa celebrata sotto la pioggia in francese perché il cardinale non sapeva il polacco.

Helena e la madre con solo una delle guide vanno a Zawiercie in taxi. La prima tappa è il cimitero, Nina vuole trovare la tomba di suo nonno e dopo molte peripezie riesce a trovarla, era forse questo lo scopo principale del suo viaggio. Il nonno di Nina ovvero il bisnonno di Helena era un barbiere ma non nel senso di parrucchiere ma nel senso di quasi dottore, era un ebreo osservante. Poi i tre si fermano davanti alla casa dei genitori del padre di Helena e poi anche davanti alla casa dei nonni materni. Erano famiglie benestanti e forse la casa del padre era anche più bella di quella della madre. Possono poi davanti alla cristalleria, ancora aperta quella in cui lavorava il padre di Nina. Camminano ancora un po’ per la città e ogni via rievoca ricordi alla madre di Helena.


Da lì le due sono andate da sole in treno a Cracovia a trascorrere una giornata da turiste. Poi si sono riunite con il resto del gruppo per una gita alla stazione sciistica di Zakopane. Da lì a Varsavia, poi a Monaco da cui Helena è tornata in Italia da sola.

La madre successivamente ha deciso di fare un permesso di soggiorno in Italia e Helena l’ha dovuta rassicurare sulla semplicità delle procedure che lei stessa aveva scoperto in questura per ottenere il suo permesso.
Mentre Elena fa la fila allo sportello per avviare la trafila e ottenere il permesso la madre siede in disparte e osservando la fila ripensa alle file che faceva nei lager, per il pane e altro. Lo accenna di sfuggita alla figlia e poi non ritorna più sull’argomento.

Helena e la madre litigano tutt’ora, la madre critica come si veste e come mangia, come tiene la forchetta e come si comporta, ma forse un po’ meno duramente di come lo faceva prima.

Non è stata la madre di Helena a crescerla, è stata Cilly, la tata tedesca. Appena nata Helena è stata affidata prima alle cure di una bambinaia che ha durato solo tre mesi e poi a Cilly che l’ha allevata fino a quando Helena ha compiuto 16 anni. Cilly è tedesca, di Brema, era una bambina quando c’era Hitler e suo padre era morto in guerra. Aveva vissuto con la madre e con la sorella che poi si era sposata. Cilly abitava a casa della famiglia di Helena, aveva una sua stanza. Cilly stava sempre con Helena, non giocava con lei ma la osservava, la portava dove doveva essere portata e l’aiutava con la grammatica tedesca. Non era affettuosa ma sempre presente. Cilly parlava solo con la signora Pickel che veniva a fare le grandi pulizie. Dopo che Helena compì 16 anni Cilly se ne andò, e non si fece più sentire. Da quel momento cominciarono gli scontri tra Helena e la madre che forse voleva prendersi la rivincita sull’educazione di sua figlia. Cilly andò a vivere con la sorella ma non andò al funerale del padre di Helena né al suo matrimonio. Si incontrano una volta senza tante smancerie. Ultimamente Helena le ha telefonato, ora Cilly vive da sola nella casa che era della madre, ha molti acciacchi e le hai inviato un plico di disegni che aveva fatto Helena da piccola. Helena, commossa e preoccupata per la sua salute glielo vuole rimandare.

 

 

Commento 

 

⭐️⭐️⭐️⭐️ (4/5)

 

Sono stata contenta di aver letto questo libro. Ha fatto bene la scrittrice a scriverlo, raccontare la sua esperienza e quella della madre. Lo reputo uno di quei libri che dovrebbero essere letti a scuola ma non nel senso che il professore lo dà in pasto agli studenti e poi dice: i tedeschi hanno ucciso gli ebrei. No, perché a me è successo così ma con il libro: il diario di Anna Frank. Non è che mi è rimasto molto e non molto ho capito così che sono arrivata al giorno d’oggi sapendo quasi niente. Certo tutti sanno a grandi linee cosa successe ma saperlo così non ha molto senso. I libri di storia dicono molto meno di quello che si può leggere in questo libro di Helena e la madre di Helena non non le ha neanche raccontato molto. Anzi quasi niente.
Penso che sia necessario divulgare queste esperienze, certo ci sono stati anche altri crimini nel corso della storia (se così li vogliamo chiamare) ma c’è stato anche questo. Non sono molto ferrata sull’argomento e voglio dare la colpa alla scuola, non mi hanno detto queste cose importanti durante tutte quelle ore sui banchi a studiare la cosiddetta storia, si comincia sempre analizzando nei minimi particolari quello che è successo agli egizi per poi arrivare all’ultimo giorno di scuola a fare epoche più moderne. Ci sarà anche Internet ora ma reputo che il programma di storia vada leggermente corretto e senza opinioni di storici, dobbiamo sentire le opinioni di chi le ha vissute le guerre.
Cercando delle foto su Internet di Auschwitz non ne ho trovate molte, come se si voglia celare, come si fece quella volta. Ancora ingenuamente e in modo piuttosto infantile mi chiedo come sia stato possibile, posso capire la follia di uno che guida altri folli ma tutti gli altri intorno che li guardano? C’è qualcosa che non va. Gli umani danno prova di non riuscire ad andare d’accordo gli uni con gli altri e se non ci sono problemi li creano. Non riesco a capire perché sia iniziato tutto e né come sia stato possibile non fermarlo prima, subito.
Penso che a scuola bisognerebbe dare anche particolari come quelli del gas utilizzato, lo Zyklon B, ideato poi da un ebreo. La madre di Helena quando durante la visita guidata lo vede scoppia in lacrime. Noi che leggiamo non riusciremo mai a capire quella sensazione, certo si può dire ti capisco ma in realtà non capisci niente. Gli ebrei venivano sottoposti a questo gas a cui era stato tolto l’agente irritante così che non si accorgevano neanche di morire soffocati.
Leggendo e leggendo questo libro mi sono resa conto che dipende tutto allora come ora da il punto sulla Terra in cui nasci, e anche da chi ovviamente: uno che nasce per esempio (per rimaner attuali) su un barcone non avrà certo le stesse possibilità del figlio di Kate. 

Un libro scritto in modo non lineare, le sequenze narrative si intrecciano con flashback, ricordi di vita vissuta, conversazioni tra Helena e la madre. Poi la storia si srotola o ogni linea temporale risulta chiara. Una storia semplice che pone come argomento principale un rapporto tra madre e figlia con una madre disperata per aver perso la madre, per averla lasciata dopo essere fuggita durante la deportazione. Che poi sia stata presa anche la madre di Helena non è bastato a lenire il suo senso di tradimento che porta con se tutta la vita. Anche nei rapporti con la figlia Helena non riesce ad essere amorevole come forse vorrebbe. E pure Helena la ama perché a modo suo le ha insegnato molto. 

Mi è piaciuto molto il capitolo finale sulla bambinaia, che fa riflettere su come certe persone che sono con noi molti anni poi se ne vadano silenziosamente senza farsi sentire come se avessero capito che gli altri li considero meno importanti. Eppure Cilly per quanto avessero detto che non era una di famiglia è stata per 16 anni più vicino ad Helena della madre. A volte la famiglia è importante ma servono anche gli altri. Helena infatti si è allontanata dalla sua famiglia a Monaco per vivere la sua vita e trovare la sua strada in Italia.
Mi ha preso davvero un senso di tristezza per questa bambinaia, che ha fatto il suo lavoro con pazienza e dedizione e poi si è allontanata. Io forse non ce l’avrei fatta a dimenticarla così in fretta, anche se forse Cilly lo ha ritenuto normale, non come una punizione. Indicativo poi il fatto che lei sia tedesca e si è occupata non solo di Helena ma di anche altri due bambini ebrei.
Poi quando ha rimandato addirittura il plico dei suoi disegni ad Helena mi sono sentita ancora più sconsolata, non sto facendo altro che sperare che le due si incontrino di nuovo per riallacciare una tardiva amicizia.

Forse è stata proprio la presenza di questa bambinaia a rendere la madre di Helena ancora più dura nei confronti della figlia, avendo dato la precedenza al suo lavoro ha perso l’infanzia di Helena, anni che comunque non ha potuto più riprendersi. La sua frustrazione l’ha riversata sulla figlia con un comportamento molto duro, ma se non l’avessi amata non si sarebbe pentita di averla lasciata a Cilly.


Un libro che consiglio a tutti, a chi è più ferrato sull’argomento Auschwitz ma anche a chi non sa niente come me, scintille che possono indurre ad ampliare la propria conoscenza. Dire che la conoscenza del passato ci può evitare di fare gli stessi errori e sono una favola, gli stessi errori vengono fatti continuamente ma ciò non vuol dire che ci dobbiamo dimenticare di chi è stato trattato in tale modo inutile negare che leggendo delle camere a gas ognuno tiri un sospiro di sollievo per non essere stato lì in quel momento.

 

 

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